martedì 6 dicembre 2011

La musica del passato..









Il post che state per leggere mi è stato "dettato" da un’amico qualche sera fa, al Motoclub. Si profilava essere una "normalissima serata": una delle tante passate insieme a parlare di motociclette, una di quelle in cui ognuno "dice la sua", dove passione e goliardia si fondono insieme. La classica serata al Motoclub insomma. Tutto si stava svolgendo secondo il "classico copione settimanale" quando, ad un certo punto, si è iniziato a parlare della Ducati 750 SS e della Moto Guzzi V7 Sport. In quel preciso istante ha preso la parola l'amico sopra menzionato (che per pura timidezza mi ha chiesto di rimanere anonimo..) ed ha iniziato il suo discorso:
"Nel 1970 avevo sette anni. Per tutta la prima parte degli anni Settanta, e anche per buona parte della seconda, ero solito, la domenica, uscire con i miei genitori, quando non lavoravano. Non si andava mai al mare o per lo meno non la mia famiglia e la nostra compagnia. Mio padre lavorava come facchino allo scalo merci ferroviario e mia madre invece come operaia in un magazzino ortofrutticolo. I miei erano soliti ripetere che le poche domeniche di primavera o di estate in cui non lavoravano, l'idea di andare in spiaggia, "in mezzo a tutta quella confusione" e in quel gran caldo, non li sfiorava neppure! L'unica maniera di trovare un po' di relax, dopo le fatiche lavorative accumulate durante la settimana, era quello di "andare a cercare il fresco" sulle nostre colline. Ecco allora che la domenica mattina, di buon ora, caricavamo la nostra FIAT 128 verdona con tutto l'occorrente per fare una bella scampagnata e, insieme ai colleghi di mio padre e alle loro famiglie, partivamo. Nella maggioranza dei casi, la meta dei nostri "pick-nick" era fissata nei pressi di Cancellino, una piccola località che si trova lungo il Passo dei Mandrioli. Bene o male si arrivava a destino ancor prima delle nove del mattino! Noi bambini, per non soffrire il mal d'auto, venivamo fatti partire a digiuno, per cui, giusto il tempo di scendere dalle automobili, dare una mano agli adulti a scaricare l'occorrente e venivamo rifocillati. Ricordo ancora quei gustosi panini ripieni di burro e marmellata fatta in casa che le nostre mamme ci preparavano! Mentre i nostri padri parlavano di politica, giocavano a bocce o a carte, le nostre madri, si prodigavano per preparare "l'accampamento" ed il pranzo. Noi bambini, appena ricevuta la nostra ambita leccornia, eravamo "liberi". I più piccoli scorrazzavano per i boschi facendo i loro giochi; noi, "i grandi" del gruppo, andavamo invece ad appostarci sul ciglio della strada, ansiosi di assistere allo spettacolare show che tutte le domenica "andava in onda" lungo lo spettacolare nastro d'asfalto che da Bagno di Romagna (FC) conduce sino a Soci (AR). Protagoniste assolute della scena erano le splendide moto di quegli anni, condotte con maestria dai temerari centauri dell'epoca. Nonostante fossimo giovanissimi e la copertura mediatica dedicata al motociclismo in quegli anni fosse alquanto limitata, noi eravamo molto ferrati in materia dato che leggevamo a scrocco, ogni mese, la copia di Motociclismo che Guerrino (un signore che tutt'ora, frequenta il bar) immancabilmente acquistava. Ci “ranicchiavamo” nel fosso che costeggia l'allungo che passa proprio di fronte alla chiesetta di Cancellino, dove i frati hanno il convitto. Li potevamo udire benissimo i propulsori delle motociclette "cantare" in quanto quel rettilineo consente di tirare sia la terza che la quarta, prima della staccata per la curva a destra da affrontare in seconda marcia. Ogni volta era un "vero tripudio musicale"! Ricordo chiaramente il "rombo di tuono" che usciva dagli scarichi Lanfranconi o dai Conti delle Ducati 750SS. Quella moto era fantastica! Aveva il cupolino filante e pareva una moto da corsa, trapiantata sulla strada! Simile per sonoro alla Ducati era la favolosa Moto Guzzi V7 Sport con i sui bassi pieni e corposi. Le prime volte, ad un orecchio "non allenato", era addirittura difficile capire quale, tra la desmodromica di Borgo Panigale e la "aste e bilancieri" di Mandello del Lario fosse in avvicinamento. Sempre bicilindrica, ma dal suono completamente differente era la meravigliosa Laverda 750 SF. Il suo fronte marcia monoalbero emetteva un suono gutturale e pieno, tanto da renderla riconoscibile già qualche chilometro prima che apparisse ai nostri occhi. E' ovvio che per strada ai tempi le moto più diffuse erano quelle di media cilindrata. Tra queste c'erano dei modelli strabilianti: la Ducati 450cc Silver Shot, le Scrambler; le Honda Four, in tutte le cilindrate; le Suzuki 500 Titan e le 380 GT, le mitiche Kawasaki 500 Mack III, le Morini 3 1/2 e tante altre ancora. Le 750 però per via della loro minor diffusione e della loro esclusività sono state quelle che maggiormente hanno stuzzicato la nostra fantasia. Noi bambini le vedevamo come veri e propri mostri di potenza e di “possenza”, condotte unicamente dai "veri manici". Esse inoltre erano quello che oggi sono le moderne Superbike: le basi di partenza sulla quale venivano costruite le “derivate dalla serie” che si sfidavano nelle 200 Miglia (Daytona ed Imola) e che, prendevano parte al Production TT così come alle numerosissime gare ad esse riservate, che proprio in quegli anni stavano vivendo il lor massimo splendore. In qualche sporadica occasione ci è capitata la fortuna di poter assistere al passaggio di una delle rare Triumph Trident o addirittura della "gemella" BSA Rocket 3! Le tricilindriche inglesi erano facilissime da identificare per via della loro "voce rauca", simile al ringhio di una bestia feroce! Da li a poco tempo il suono più famigliare è però diventato quello emesso dalla futuristica (per l'epoca..) Honda CB 750 Four. La maxi giapponese nel giro di pochissimo tempo dal suo arrivo in Italia, è diventata la vera e propria “best-seller” del mercato. I suoi quattro cilindri, ai tempi, sembravano qualcosa di assolutamente inavvicinabile, tanto da relegare le altre moto di cui ho parlato, al ruolo di " comprimarie" se non addirittura a quello di “moto di nicchia”, acquistate ed apprezzate solo dagli amanti del singolo marchio. Comunque sia, per noi vedere passare una Four era sempre una gioia per gli occhi e soprattutto, udirne l'ululato, lo era per le orecchie! Quando oramai stavo diventando grandicello, (ossia in età da motorino), nelle ultime uscite fatte insieme ai miei genitori, mi è capitato di udire una melodia tutta nuova. Questa musica sino ad allora praticamente inedita era quella emessa dai propulsori a due tempi delle Kawasaki 750 Mack IV e dalla Suzuki 750 GT: entrambe tricilindriche ma dal carattere completamente diverso: rabbiosa la moto di Akashi, con il raffreddamento ad aria; paciosa quella di Hamamatsu raffreddata a liquido. In quegli anni nella Classe Regina del Motomondiale, le 500 a due tempi di Yamaha e Suzuki avevano definitivamente scalzato la gloriosa MV Agusta dal ruolo di regina indiscussa dei GP che da circa quindici anni occupava! Il fatto di avere a disposizione delle moto dotate della “stessa tecnologia” di quelle che correvano e trionfavano nei GP stuzzicava non poco gli acquirenti! La conseguenza diretta fu che il sibilo rabbioso dei due tempi iniziò ad udirsi sulle nostre strade, sui nostri passi e quindi sul “nostro circuito” di quelle lontane domeniche. Il tempo da allora è passato, io sono cresciuto ed ho smesso di partecipare a quelle scampagnate domenicali, insieme ai miei genitori. Le moto sono molto cambiate con esse anche le “melodie” emesse dai loro scarichi. Va detto che allora elaborare una motocicletta e soprattutto “darle voce” installando degli scarichi liberi, era la regola e non l’eccezione! Da li a qualche anno anche io sono diventato un centauro e da allora non ho più abbandonato quella passione nata in me quando ero ancora un bambino. Ieri come oggi la prima cosa che mi colpisce di una moto è la sua “voce”. Ho sempre pensato che essa infatti ti dica subito tutto quello che devi sapere circa il carattere del mezzo che la emette. Purtroppo le cose non sono più come un tempo: dagli anni Settanta fino a metà dei Novanta, il motociclismo viveva in un clima di “beata anarchia”. Le norme anti-rumore erano praticamente inesistenti e comunque sia, da parte delle forze dell’ordine c’era una grande tolleranza a tal riguardo. Oggi invece siamo alle prese con una vera e propria “caccia alle streghe” in un clima di “tolleranza zero”. Le moto escono dalle Case con degli scarichi talmente “chiusi” da sembrare “motorette elettriche” anche se in realtà sono delle mille di cilindrata (le quattro cilindri nipponiche in maniera particolare). L’incauto centauro che decide di dare “voce alla propria amata” lo fa completamente a suo rischio e pericolo in quanto sa benissimo che in caso venga “pizzicato” la pena da pagare non sarà affatto leggera. Per fortuna, nonostante questo la moto ancora oggi come allora sa infiammare tanti (e tante..) giovani. Ciò significa che la passione è ancora viva nelle nuove generazioni anche se rispetto ai miei tempi, quella di oggi è una “passione con poca voce”..