mercoledì 28 dicembre 2011

Geoffrey Duke: il Duca di ferro





Uno degli ultimi post che ho pubblicato, riguarda il grande Umberto Masetti, Campione del Mondo nella classe 500 nel 1950 e nel 1952. Avendo scritto di un grandissimo, tra i "pionieri" del motociclismo moderno, non potevo che pubblicare un articolo che riguardasse il pilota che di Masetti è stato il più grande rivale ossia: Geoffrey Duke.

L’eleganza, il garbo, la perfezione e un’insaziabile fame di vittorie. Geoffrey “Geoff” Duke per gli inglesi è “The iron Duke”, il Duca di ferro (in riferimento al Duca di Bretagna Geoffrey II, vissuto nel dodicesimo secolo); per gli italiani, che lo accolgono cinque anni sotto la bandiera della Gilera, semplicemente “il Duca”. Duke è il primo campione moderno del nuovo motociclismo, che dopo la guerra, vive il fermento dell’innovazione, non soltanto tecnica, ma anche organizzativa con la nascita, nel 1949, del Campionato del Mondo di velocità. Duke non è il primo titolato al torneo, ma il primo capace di cogliere due iridi in una stagione, per arrivare ad un totale di ben sei allori tra il 1951 e il 1955. Primo mattatore del campionato, a dispetto di una concorrenza ricca, si distingue per eleganza nello stile di guida, intelligenza nel gestire la strategia di gara, capacità di suggerire soluzioni tecniche. Tutto ciò è frutto di un’enorme passione. Nasce da una famiglia di umili origini il 29 marzo del 1923 a St. Helens (Lancashire – GB). Duke ha sempre amato ripetere: “Credo che il mio interesse per il motociclismo sia nato una domenica mattina del 1933, quando ho sentito prima il rombo dello scarico aperto di una Velocette e subito dopo l’aroma di uno sbuffo di Castrol Racing che penetrava nella mia stanza dalla finestra aperta”. Questo è il racconto di Duke, di come il motociclismo è entrato in maniera indelebile nella sua vita. Negli anni dell’adolescenza sfoga la sua passione, clandestinamente, assieme a due amici, smontando, elaborando, rimontando una vecchia Raleigh, prima di diventare motociclista vero su una decrepita Dot, acquistata a 17 anni con i guadagni del primo lavoro: apprendista meccanico, in una centrale telefonica delle Poste. Poi la guerra. Arruolato nel Genio Segnalatori, Duke presta servizio come motociclista porta ordini. Con lui vi sono alcuni dei più quotati piloti inglesi che diventano suoi maestri. Così, quando lascia la divisa nel 1947, Duke è già un pilota e con il premio del congedo acquista una BSA 350 da competizione per partecipare al campionato di trial. Come specialista di queste gare è assunto al reparto corse della Norton, attivissima nella velocità. Il passaggio alle corse su strada diventa così un fatto naturale, come inevitabile, nel 1948, arriva la partecipazione al Tourist Trophy dell’Isola di Man, “la corsa” per antonomasia. Anche se si schiera nella “Culbmen’s Race”, la prova riservata ai dilettanti, il terreno di gara, il Mountain Circuit di 60 chilometri e oltre 200 curve, è lo stesso, tremendo, affascinante del Senior TT. Ed ecco il perfezionista: approda sull’Isola con largo anticipo, compie un primo giro esplorativo, poi divide idealmente il circuito in tre porzioni, per i suoi allenamenti. A ciascuna dedica due giorni di prove con un continuo avanti e indietro, costellato di soste, per studiare con precisione l’andamento della strada, le traiettorie, ogni asperità dell’asfalto: è il suo primo inseguimento alla perfezione che poi ripeterà su tutte le piste. Non c’è fortuna nel primo TT ma, un po’ alla volta, arrivano le vittorie e a fine 1949 l’opportunità di entrare nella squadra ufficiale Norton. Della velocità. Il battesimo in questa veste è speciale: una serie di tentativi di record sulla pista ad alta velocità di Monthléry, alle porte di Parigi, assieme a Artie Bell. Un impegno che da la misura della sua capacità di osservazione e analisi e di trovare poi soluzioni: “Non capivo perché Artie fosse di quasi mezzo secondo al giro più veloce di me. Poi mi accorsi che la sua tuta aderiva perfettamente al corpo, non “sbatteva” frustata dall’aria come accadeva a me. Fu sufficiente applicare strisce adesive a bloccare la pelle della tuta in eccesso su braccia e gambe per risolvere il problema”. Una sorta di studio dei flussi aerodinamici che Duke perfeziona ideando a facendosi realizzare una tuta in un pezzo unico, una piccola rivoluzione che garantisce una elegante, maggiore efficienza rispetto alle tute in due pezzi usate a quell’epoca. Duke, qualche mese più tardi, completa l’opera ideando stivali aderenti, di foggia moderna. Un’idea nata dall’osservazione di una foto che lo ritrae in gara al TT e che lui studia attentamente come fosse il risultato di test in galleria del vento. Al TT nella 500 arriva quell’anno, il 1950, il primo successo in una gara iridata, preambolo a una successiva stagione d’oro: con la Norton è campione nella 350 e nella 500 sulle Manx monocilindriche che lui, anche sui circuiti più veloci, riesce a portare al successo contro le “plurifrazionate” e più potenti moto della concorrenza, in particolare le 4 cilindri MV Agusta e Gilera. E’ appena laureato e subito si conferma campione della 350, ma già sente la necessità di nuove sfide, sulle Auto con la Aston Martin ufficiale. Poche gare, in quel 1952, come coéquiper di Peter Collins. Generalmente non viene giudicato capace, al volante, quanto le è in sella. Fa eccezione il giudizio di John Wyer, responsabile della scuderia inglese (e negli anni a seguire regista delle vittorie di Jaguar, Ford e Porsche), che individua in lui un enorme potenziale. Destinato però a restare inespresso: Duke non si sente a suo agio in quella squadra e la lascia, così come abbandona la Norton che pure tenta di allettarlo proponendogli una nuova quattro cilindri non in grado però, di essere competitiva già dalla stagione successiva. Duke non ci sta, lui vuole vincere, e anche riscattarsi dopo un pauroso incidente patito sulla pista tedesca di Schotten, uno dei più gravi della carriera “L’unico del quale mi sia sentito responsabile: l’unica volta nella quale ho permesso che la mia concentrazione scemasse”. Facile a questo punto per Piero Taruffi, responsabile corse della Gilera convincere “il Duca” a legare i propri destini a quelli della Casa di Arcore. Geoff vola in Italia, prova subito le quattro cilindri a Monza: la trova formidabile ma individua anche un problema al cambio. Suggerisce modifiche, trovando resistenza da parte dei tecnici che considerano come quella moto sia la vincitrice del Mondiale di quell’anno con Masetti e che mai i tanti piloti che l’hanno portata in gara abbiano rilevato una deficienza della trasmissione. Ma accontentano il pilota inglese. Al primo test con la moto modificata è Alfredo Milani, pilota e collaudatore Gilera, a confermare stupito che la moto è nettamente migliorata. Un altro esempio della straordinaria sensibilità e capacità di Duke. Si inizia così il matrimonio con la Gilera ricco di gare e successi straordinari. Per tre stagioni arriva il titolo nella 500, anche nel 1955, l’anno dello “scandalo” di Assen. Duke, professionista superpagato non esita a manifestare la propria solidarietà ai piloti privati che inscenano nel GP d’Olanda una protesta, una sorta di sciopero bianco contro gli organizzatori, per questioni economiche. Duke paga il gesto con una squalifica di sei mesi (da scontare nel 1956) che pregiudica la stagione. Non ha fortuna nemmeno nel ’57 quando il titolo va al compagno di squadra Libero Liberati. Poi inaspettatamente la Gilera si ritira. Duke è ingaggiato dalla BMW, ma l’inferiorità della moto tedesca nei confronti della MV Agusta non può consentirgli di primeggiare. Però c’è ancora un giorno di gloria, nel GP di Svezia: un doppio successo 350-500 con la Norton. Perché il Duca è sempre di ferro. Anche se oramai ha imboccato il viale del tramonto. C’è ancora qualche gara in moto, poi in auto, con un grave incidente in Svezia. Infine un’altra iniziativa, una sorta di ponte tra passato e futuro: crea una squadra, la scuderia Duke, che porta in pista le vecchie Gilera 500 rigenerate. C’è un acuto con la doppietta di John Hartle e Phil Read nel GP d’Olanda. Ma i tempi non sono maturi per una simile avventura. Non è ancora il momento degli sponsor e Duke ci rimette di tasca propria, come in altre successive sfortunate iniziative imprenditoriali intraprese in quegli anni. La più fallimentare fu quella di una linea di traghetti tra l’Inghilterra e l’Isola di Man. Resta invece con il suo nome la Casa Editrice specializzata nella pubblicazione di libri e audiovisivi degli sport motoristici, inesauribile miniera di titoli per il piacere degli appassionati di tutto il mondo.
Il palmares del “Duca di ferro”:
Nel 1950 il suo esordio da professionista. In quell’anno arrivano le vittorie al Tourist Trophy, al GP di Belfast e al GP delle Nazioni a Monza (350 e 500). Fino al 1958 fa sue 33 vittorie sui 67 GP al quale ha partecipato (11 vittorie in 350 con la Norton; 22 vittorie in 500 di cui 14 su Gilera e 8 su Norton). Si aggiudica 2 titoli iridati in 350 (1951 e 1952, in sella alla Norton) e 4 nella 500 (1951 con la Norton; 1953, 1954 e 1955 con la Gilera). Coglie le due ultime vittorie al GP di Svezia del 1958 con la doppietta 350-500. Si ritira nel 1959.

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