giovedì 19 novembre 2009

Centodue di questi giorni..






























































Avere CENTODUE anni e non dimostrarli affatto oppure essere un anacronismo tale da dimostrarli tutti e nel contempo essere sempre di grande attualità. Il Tourist Trophy, o più semplicemente TT Race (come la chiamano gli “isolani) è la corsa motociclistica più longeva del mondo. La prima edizione ha visto il via nel lontanissimo 1907 e allora come oggi è tra le gare più pericolose in assoluto. Si svolge in uno scenario unico, tra marciapiedi e muretti ed è intrisa di leggenda e di sapori di altri tempi. Il tutto ovviamente avviene a velocità impressionati! L’Isola di Man è un posto magico per tutti i motociclisti. Una vera e propria Mecca alla quale chiunque vada in moto, sogna di recarvisi almeno una volta nella vita. Nel periodo del TT è affollata di riders duri e puri, di appassionati dislocati ai bordi della strada che si trasforma in circuito, al suono delle moto lanciate a velocità folli da piloti che si “giocano” tutto, compresa la vita. Allo sfrecciare del primo pilota, non si può che rimanere affascinati e inorriditi al tempo stesso: non c’è margine per gli errori umani ne per i cedimenti tecnici. Una magia sempre nuova che si ripete da oltre un secolo fedele a se stessa, anche se le moto odierne in certi tratti superano i trecento chilometri orari. Nell’edizione 2007, John Mc Guinness, dopo la Senior Race, salì sul podio con una tabella che segnava la media record sul giro che aveva stabilito: oltre 130 miglia orarie, ovvero 209,8 Km/h. Un “giro” lungo più di 60 Km, che i più veloci coprono in 17 minuti. Sul circuito del TT si passa dal livello del mare ad una altitudine di 422 metri, incontrando piogge improvvise, sole, vento e nebbia. Si scala una montagna per poi correre in aperta campagna, alternando zone di luce a tratti di cielo completamente coperti dalla vegetazione. Si sfreccia a tutto gas attraverso tre centri abitati tra ponti, case, pali, marciapiedi e gli onnipresenti muretti di pietra.. Secondo le categorie, la corsa è composta da tre a ben sei giri che equivalgono a oltre 360 km: tre volte la lunghezza media di una gara di MotoGP che si svolge su di un circuito lungo mediamente 5 Km e dotato di vie di fuga. Difficile quantificare lo sforzo disumano cui i piloti si sottopongono qui. Follia? Sfida estrema? Il TT è tutto questo e molto di più. Non è difficile immaginare come mai, in centodue anni, la vita di 226 piloti sia terminata qui e tantissime brillanti carriere siano state stroncate proprio da questa competizione. Solo per portare un esempio di un pilota (del quale ho già pubblicato un post su Cesena Bikers), cito il grandissimo Tarquinio Provini che ha visto la sua brillante carriera terminare lungo queste strade a causa del sole nascente che abbagliandolo in un tratto veloce, ne causò la rovinosa caduta. Al TT scene come questa non sono inconsuete: “mentre sul palco si festeggia, al 26° miglio si lavora per liberare la strada dai resti dell’incidente che ha tolto la vita ad un pilota (e nelle peggiori delle ipotesi a qualche spettatore), allo stesso tempo l’inviato di una qualche TV inglese commenta euforico il proseguire della gara”. Questo era, questo è e questo sarà il TT. Qui si combatte contro l’istinto di sopravvivenza, qui non si vince tanto in termini economici ma al contempo ci si gioca veramente tutto. I paddock sembrano fuori dal tempo, esattamente come negli anni 70 sembrano più “veri” e le situazioni più umane, con campioni illustri e “illustri” sconosciuti fianco a fianco. Ad aggiornare i tempi, sul tabellone di legno posto davanti al cimitero di Bray Hill, ci sono i boy scout dell’isola che diligentemente prendono nota di ogni concorrente. Tra i paddock oggi c’è la Joey Dunlop Foundation, un covo dove in religioso silenzio su più schermi vengono segnalati i tempi parziali e il vantaggio di ogni pilota in varie parti del percorso. Qui meccanici in tuta, con le mani sporche gettano lo straccio a terra, bestemmiano o esultando, sempre con discrezione. Al via si parte uno per volta, distanziati 10 secondi l’uno dall’altro. Il segnale di partenza è una pacca sulla spalla! Mitici i Travelling Marshall: gli ufficiali in moto che aprono la gara e sono addetti al primo soccorso. Prima che arrivi l’elicottero sono loro, infatti, a raggiungere eventuali infortunati e a segnalarne la posizione al personale medico che li dovrà recuperare. Per fare parte di questa squadra, oltre ad avere le nozioni di primo intervento, è necessario aver partecipato come pilota ad almeno tre TT e non avere più di 60 anni. Tributi al passato sono: Lap of Honor e Parade of the Champions, con i piloti anziani in sella alle moto da corsa che hanno fatto storia. Un vero salto indietro nel tempo, capace di strizzare il cuore al motociclista più indurito. Il parco chiuso pullula di fieri vecchietti in tute logore e sbucciate che spingono la propria vecchia racer verso la linea di partenza. Triumph, AJS, Velocette, una marea di Norton manx e poi ancora BSA, MV Agusta, Moto Guzzi, Galera, Vincent, Kawasaki, Honda, MZ, Yamaha, Suzuki, NSU, BMW.. L’atmosfera è serena ma basta uno sguardo per capire che per i vecchi piloti non si tratta solo di una passeggiata. Colpisce vedere tra gli altri un corridore ultrasettantenne palesemente sofferente, con una vecchia tuta ocra e blu e il fido Bell integrale bianco in testa mentre arranca per per il piccolo dislivello del parco verifiche. Al via del giro d’onore ha lo sguardo concentrato mentre tiene su di giri il suo Trident che “zoppica” sotto i 4000. Poi il segnale.. La moto parte recalcitrante con una prima lunghissima. Il motore finalmente gira a tre, il vecchio mette la testa in carena e, anziché ruotare il polso, muove l’intero avambraccio fino al gomito. Sparisce lungo la discesa di Bray Hill come un tuono, lasciando l’eco del tre in uno. Sembra che non gli importi nulla di morire domani: ciò che conta è essere di nuovo qui e di esserci ora! Scene analoghe nella parata dei campioni: vecchi leoni come Jim Redman, Sammy Miller, Luigi Taveri con la Honda 125 a 5 cilindri, il grande Ago in sella alla MV Agusta 500 a 3 cilindri e John Surtees sulla Gilera 500 a 4 cilindri. Tra le superstar più recenti e contemporanee Valentino Rossi su Yamaha, Haga, Carl Fogarty su di una MV Agusta F4, solo per citarne alcuni. Nell’edizione del 2007 è stato memorabile il “duello” tra “King Carl” partito e un Marshall. I due partiti insieme si sono dati battaglia per 60 Km a furia di staccate e curve, giungendo in parata al traguardo! L’edizione 2009 resterà invece famosa per il giro effettuato da Valentino Rossi su Yamaha R1. Il campione di Tavullia ha avuto come maestro niente meno che Giacomo Agostini su MV Agusta F4. “Ago” ha messo ancora una volta in mostra la sua immensa classe cristallina (che gli ha consentito di cogliere ben 10 successi sull’Isola) dimostrando al campione del mondo della MotoGP che per andare forte al TT occorre conoscere il circuito metro per metro. Una ultima citazione va fatta per i piloti e i passeggeri dei sidecar. Un tempo come oggi considerati tra gli uomini più temerari in assoluto che abbiano mai calcato questo asfalto magico e maledetto allo stesso tempo. Ovunque considerata una “classe inferiore” rispetto alle moto, è proprio sull’isola che i sidecar trovano la loro massima espressione: gareggiare qui significa essere veramente dei grandi e il pubblico da sempre riconosce questo onore a tutti gli equipaggi che si cimentano in questa gara infernale. Non a caso i passeggeri dei sidecar che corrono sull’isola, vengono considerati tra gli uomini più “pazzi del mondo”, malati, di quella immensa “pazzia” che porta il nome di passione! Non serve aggiungere altro per comprendere questo “anacronismo sportivo”.. Le parole da sole non basterebbero mai a spiegare cosa in realtà sia il TT, per coglierne appieno tutte le sfumature occorre recarsi personalmente sull’Isola di Man!
PER SAPERNE DI PIU':

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