giovedì 12 marzo 2009

Freddie Spencer







































































































































































































































































Nelle foto, partendo dal basso:
1) Anno 1980, Freddie Spencer su Honda è impegnato nel campionato USA AMA Superbike.
2) Anno 1981, l'asso americano porta in gara nei GP la rivoluzionaria, ma mai competitiva Honda NR500cc quattro tempi a pistoni ovali.
3) Anno 1982, in sella alla maneggevole e leggera NS 500cc a due tempi, arrivano i primi due successi nella classe regina.
4-5) Anno 1983, in sella alla NS 500cc, con la quale conquisterà il titolo iridato.
6) Anno 1983, l'immagine che sintetizza la stagione: l'astro nascente Freddie Spencer e il "vecchio leone" Kenny Roberts in lotta per la vittoria.
7) Anno 1984, Freddie porta in gara la velocissima ma poco affidabile NSR 500cc.
8-9-10-11) Anno 1985, Freddie Spencer, sempre in sella alla NSR 500, vola verso il suo secondo titolo iridato nella top-class.
12) Anno 1985, il pilota americano in sella alla Honda NSR 250cc con la quale conquisterà il titolo iridato, mettendo a segno una storica doppietta.
13) Anno 1986, di nuovo in sella alla Honda NSR a 4 cilindri.
14) Anno 1993, di nuovo negli States, impegnato nel campionato AMA Superbike, questa volta in sella alla Honda RC30 750cc.
15) "Attenti a quei tre": "Fast Freddie" Spencer, "King Kenny" Robets, "Ron Rocket" Haslam.
Segue breve biografia:
Freddie Spencer (Shreveport, 20 dicembre 1961) è un ex motociclista statunitense. E’ stato l’ultimo pilota in ordine cronologico a vincere nello stesso anno il titolo mondiale in due differenti categorie. La sua marcia di avvicinamento alle competizione fu davvero precoce, tanto che il “bambino prodigio” partecipò alla sua prima gara a soli 5 anni. Si può dire quindi che crebbe, con “la passione dei motori nel sangue”. Passione trasmessagli dal padre Fred, campione locale di moto, kart e motonautica, e via via coltivata nel corso degli anni dall’intera famiglia Spencer. Il suo esordio nelle competizioni, come per molti piloti americani, avvenne nella disciplina dello Short Track (la versione statunitense del nostro Speedway) e in quasi 5 anni di gare, macinò vittorie e piloti dimostrando di essere un gradino sopra tutti i suoi giovanissimi avversari, tanto che in quel lasso di tempo vinse ben 10 Campionati in vari stati correndo sia nello Short Track che nel Dirt Track. Dopo aver collezionato tanti successi in queste discipline, decise di cercare nuovi stimoli passando nel 1973, a soli 11 anni, alla velocità. Il debutto avvenne nella insidiosa pista di Dallas in una gara per derivate di serie fino a 250cc. Fu proprio quel suo esordio sulle piste asfaltate che lo fece subito innamorare della velocità in pista. Portando avanti la nomea di imbattibilità che si era creato nelle corse su terra battuta cominciò a vincere campionati su campionati nelle categorie minori. A quindici anni correva spesso, nella stessa giornata, prima con una Honda 125, poi con una Yamaha 250 e, infine, con una Suzuki 750, passando dall’una all’altra senza a volte avere il tempo di togliersi il casco. Nell’anno 1978, all'età di 16 anni, vinse tutte le gare della 250cc nel campionato AMA classe "Novice". L’anno successivo passò alla categoria “Expert”, sempre in 250 e annichilì la concorrenza bissando il dominio messo in campo l’anno precedente nella categoria Novice. Freddie infatti ottenne il successo in tutte le prove eccetto una nella quale arrivò secondo, garantendosi la vittoria del titolo con largo anticipo. In particolare va ricordata la sua gara d’esordio nella categoria Expert, disputatasi sul pericolosissimo catino di Daytona, dove Spencer, sebbene giovanissimo non si fece intimorire da niente e nessuno e ottenne la vittoria, relegando al secondo posto un altro astro nascente del motociclismo USA: Randy Mamola. Un simile exploit valse a Spencer la prima moto ufficiale, una Kawasaki, con la quale, nel 1979 vinse diverse gare del Campionato AMA. Grazie a questi risultati, il suo nome cominciò a circolare e tra gli addetti ai lavori, in parecchi si interessarono a questo “bambino prodigio” del motociclismo made in USA. A soli 17 anni il pilota della Luisiana, aveva già raccolto moltissimo in patria e per lui si aprirono finalmente le porte di palcoscenici molto più luminosi. E’ giusto fare notare una cosa: vista con gli occhi di oggi, abituati alle incredibili prestazioni dei nostri Capirossi, Rossi e Melandri , capaci di vincere GP iridati e campionati mondiali “ancora bambini” , la precoce carriera di Freddie Spencer può non apparire tanto impressionante, ma allora questo ragazzino dall'aria mite e silenziosa sembrava che provenisse da un altro pianeta. Nel 1980 negli States fu la Honda ad accorgersi di lui (e questo fu l’inizio di una duratura collaborazione), schierandolo nel campionato AMA superbike. Il lasciapassare per il paradiso arrivò dalla Yamaha che ottenne dalla Honda di schierare uno Spencer solo diciottenne nel prestigioso Transatlantic Match Races (competizione riservata alle derivate di serie di 750cc frequentata dai migliori piloti del motomondiale, nella quale si sfidavano sul suolo inglese, i migliori piloti britannici e statunitensi). Nel salotto buono del motociclismo, il giovane Freddie, corse senza timori reverenziali, e alla prima gara tagliò per primo il traguardo in sella alla TZ 750 standard, facendo restare a bocca aperta due affermati mostri sacri delle 500cc da GP come Kenny Roberts e Barry Sheene (vincitori rispettivamente di 3 e 2 titoli iridati nella classe regina) entrambi in sella a delle Yamaha “ufficialissime”. Fu quindi immediatamente chiaro a tutti che la carriera di questo ragazzino, arrivato dalle derivate di serie, non sarebbe potuta passare inosservata. Sempre nello stesso anno il giovanissimo "Fast" Freddie Spencer, venne schierato dalla Honda nella “maratona francese” del Bol d'Or. Il "ragazzo prodigio" non ebbe però molta fortuna in questa occasione: si ritirò infatti poco prima della sera a causa di noie meccaniche. Per due anni, in sella alle “maxi” nipponiche, Freddie rincorse vanamente il titolo nazionale AMA. La stella di Freddie cominciò a brillare di luce propria e l’eco delle sue vittorie risuonarono fino alle alte dirigenze della Honda che videro in lui la seconda guida ideale nel neonato team iridato. Venne quindi offerto a Spencer il posto in squadra, anche se, come allora era consuetudine specialmente per i piloti americani, per partecipare solo ad alcune gare del motomondiale. Il suo ruolo non si limitava solo a queste apparizioni nella massima categoria del motociclismo ma soprattutto, gli venne affidato l’onore / onere di portare avanti lo sviluppo di quella meravigliosa moto, ma purtroppo esageratamente in anticipo con i tempi, che era la NR500 a pistoni ovali, dotata di propulsore a quattro tempi, vero prodigio della tecnica. La moto rappresentò il primo tentativo della Honda di far correre una quattro cilindri a quattro tempi, quando dal 1975 erano state le 2 tempi ad aver sempre vinto il titolo in 500. La moto, guidata inizialmente da Katayama e Grant, non ebbe risultati di rilievo, collezionando una serie di brutte figure, dovute anche alle difficoltà alla partenza dei GP, che al tempo prevedevano l'accensione a spinta delle moto. La quattro tempi, di solito, si avviava quando le due tempi erano già alla prima curva. Il suo debutto fu avaro di soddisfazioni, la moto che doveva essere un gradino sopra tutte le altre, si dimostrò poco affidabile, carente di potenza e difficilissima da mettere a punto. Per Freddie la stagione 1981 rappresentò giorni di sofferenza su un mezzo completamente incapace di assecondare le sue straordinarie doti, e così, nonostante l’impegno il 1981 si chiuse senza nemmeno un piazzamento in zona punti. Ottenne, se non altro, la seppur magra soddisfazione di fare girare la NR500 sui tempi delle Suzuki e Yamaha, dominatrici dell'epoca, nell’anno della vittoria iridata dell’italiano Marco Lucchinelli contro Randy Mamola e Kenny Roberts. Le cose dovevano però cambiare l'anno successivo. Spencer allora ventenne, venne ritenuto dalla Honda pronto per fare la prima stagione completa nel motomondiale. Nel 1982 Honda fortunatamente, intuì che i motivi di una stagione così avara di risultati, erano da imputare non al pilota, bensì alla moto. Venne allora messa in pista la NS500 a tre cilindri, che sembrava poco più che una 250 vitaminizzata e che pochi davano per competitiva, me che poi si dimostrò una vera pietra miliare della storia motociclismo degli anni ’80. Tra i pochi che intuirono da subito il valore della nuova motocicletta costruita dalla Honda c’era il fresco Campione del Mondo Marco Lucchinelli (che inaugurò la moda, in vigore ancora oggi, di vincere un titolo con una marca e passare poi all'Honda l'anno successivo). Freddie Spencer ottenne la fiducia della Casa nipponica e venne affiancato al campione del mondo in carica. Il ventenne Freddie Spencer, alla sua prima stagione in pianta stabile nel mondiale, guidò con autorità e, per nulla intimorito dal confronto interno con “cavallo pazzo” Lucchinelli, riuscì a vincere la sua prima gara in Belgio sul bellissimo e pericoloso tracciato di Spa, diventando in quel momento il più giovane vincitore di Gp nella classe 500 della storia. Dopo aver bissato tale successo, nel GP di San Marino si piazzò al terzo posto della classifica generale con 72 punti, dietro a Franco Uncini che raccolse il testimone di Lucchinelli alla guida della Suzuki Gamma del team Gallina e di Graheme Crosby, in sella alla Yamaha ufficiale del Team Agostini. Freddie si dimostrò quindi da subito un pilota molto veloce sul giro secco, si pose al centro dell'attenzione sia per aver ottenuto la pole position nelle ultime tre gare disputate, ma anche, e soprattutto, per aver rivoluzionato lo stile di guida delle motociclette nella classe regina: prima che egli arrivasse infatti, le traiettorie della 500 erano quelle della 250, ovvero classiche e rotonde. Spencer invece praticamente introdusse le linee attuali, in cui l'obbiettivo primario diventa fare meno strada possibile con la moto inclinata: nel suo stile di guida importante non era la velocità di percorrenza della curva, ma raddrizzare velocemente la moto in modo da poter aprire prima degli altri tutto il gas. Quella del 1983 fu forse la stagione più importante per il pilota americano. La Honda non era ancora la Casa di riferimento nel mondiale e la 3 cilindri di Tokyo giocava tutte le sue carte sulla leggerezza e sulla maneggevolezza, non avendo a disposizione la potenza del 4 cilindri Yamaha guidata da Kenny Roberts. Fin dalle prime battute del campionato si capì che il duello per il titolo iridato sarebbe stato una “lotta a due” con il ventunenne Spencer in sella alla Honda pronto a ostacolare la strada verso il titolo all’esperto Kenny Roberts su Yamaha 4 cilindri, nella classica sfida: “vecchio leone” contro “nuovo talento”. Tra i due Yankee la lotta in breve divenne spietata, ma sempre corretta e contro ogni pronostico Freddie si aggiudicò il campionato vincendo 6 delle 12 gare in programma (vinse in Sudafrica, Francia, Spagna, Jugoslavia e Svezia oltre che nel Gran Premio delle Nazioni), ottenendo sette pole position e 144 punti, precedendo Roberts di solo due lunghezze. Con questo successo il pilota americano divenne il più giovane vincitore di un titolo mondiale nella classe 500 e regalò alla Honda la sua prima affermazione a livello mondiale, affermazione che la Casa nipponica rincorreva dal lontano 1966, quando a portarla in gara c’era Mike Hailwood. La Honda allora, per celebrare la vittoria e per dare sfoggio della sua tecnologia, decise di cambiare di nuovo le carte in tavola, abbandonando la vincente NS500 a tre cilindri, in favore di quella che poi risultò essere la una delle moto più vincenti della storia: la NSR 500 a quattro cilindri a V , due tempi. Nel 1984 però la Honda, forse troppo galvanizzata dal titolo nella classe regina dell’anno precedente, tentò di stupire la concorrenza mettendo in pista una moto decisamente complessa. Come già detto la motocicletta era motorizzata con un 4 cilindri a V. La ricerca delle prestazioni in termini di potenza massima divenne infatti una prerogativa della Casa di Tokyo, che fino a quel momento era stata sopravanzata sotto questo aspetto dalla rivale Yamaha. Il mezzo sfruttava soluzioni mai viste prima: aveva il serbatoio del carburante posto sotto il motore (allo scopo di abbassare il baricentro e dare maneggevolezza al mezzo) e gli scarichi che passavano sopra le testate, con un “finto serbatoio” che altro scopo non aveva che quello di proteggere il pilota dal calore (nonostante questo accorgimento Freddie doveva guidare con le braccia fasciate da fogli di amianto per evitare ustioni). Su questa motocicletta vennero inoltre provati dei cerchioni in carbonio, precedendo la concorrenza di “anni luce”. Fu proprio la rottura di uno di questi a causare una paurosa caduta a Spencer. Allora la lavorazione del carbonio era evidentemente alle prime fasi e il materiale, oggi comunemente utilizzato per fabbricare varie parti (tra cui telai e forcelloni) su tutte le moto da competizione, non garantiva standard di sicurezza e affidabilità tali da poter ancora essere impiegato per parti sottoposte a tali stress. Era evidente che quel mezzo, sfruttasse soluzioni troppo ardite e poco redditizie in termini di affidabilità. Fu proprio la mancanza di questo fattore a creare un numero di problemi tali, che la moto sebbene velocissima non permise a Spencer di puntare al titolo mondiale del 1984. Il mezzo infatti sebbene poco affidabile, si dimostrò molto veloce e il pilota americano ottenne comunque 5 vittorie, conquistate partendo dalla pole position; su di un totale di sei gare portate a termine. “Collezionò” però anche 5 battute d’arresto a causa di rotture varie. Questi risultati altalenanti lo relegarono a fine stagione ad un “misero” quarto in un campionato dominato dal suo connazionale Eddie Lawson. A fine anno il progetto della rivoluzionaria NSR venne accantonato (visto anche che la “vecchia” 3 cilindri continuava ad essere più competitiva, in chiave mondiale della nuova 4 cilindri), per fare largo ad una motocicletta, sempre a 4 cilindri a V ma caratterizzata da soluzioni tecniche meno estreme. Dopo una stagione, trascorsa fuori dai giochi per l’iride, nel 1985 Freddie decise stupire il mondo intero: si schierò al via del Motomondiale, nelle classi 250cc e nella 500cc, con l’ambizione di portare a casa il titolo mondiale in entrambe le cilindrate. Tanto gli addetti ai lavori, quanto i semplici appassionati, si resero immediatamente conto della complessità di una impresa simile, dell'incredibile preparazione fisica necessaria e della enorme difficoltà a ricordare riferimenti, marce e traiettorie per rendere al meglio in sella a moto così diverse tra loro e a distanza di pochi minuti l'una dall'altra. Per riassumere il tutto, basti pensare ad un pilota che dopo aver fatto le prove della 250cc invece che recarsi a fare la doccia nel camper, si riposa un attimo e rimonta in sella per il turno di prove della 500cc, e questo ripetuto il venerdì, il sabato e la domenica, warm up compreso. In virtù di queste considerazioni in pochi gli diedero davvero credito. Nonostante la sua freddezza che quasi rasentava l’apatia e una condizione atletica curatissima, l’impresa sembrava ai più impossibile, anche per un “marziano” come lui. Fast Freddie però nel 1985 dimostrò di essere una perfetta macchina da gara: saltando dalla piccola 250cc alla scorbutica 500cc senza battere ciglio. Ottenne infatti 15 pole position complessive (6 in 250cc e 9 in 500cc), vinse 7 gare in ogni categoria. Come se non bastasse, nelle 21 gare disputate fra 250 e 500 segnò 9 nuovi record della pista. A Daytona, (esempio massimo della sua superiorità) per non smentirsi, vinse 250cc, 500cc e Superbike, risultando l’unico pilota nella storia ad della famosa settimana americana ad aver trionfato in questa incredibile impresa. Freddie Spencer nel 1985 travolse tutti gli avversari per la rincorsa al titolo con la forza di un ciclone sia che si trattasse del campione in carica delle 500, l’americano Eddie Lawson o di quello delle 250cc il fortissimo Anton Mang. In quell’anno sembrava che tutto gli fosse permesso in quanto si dimostrò troppo forte, troppo costante, troppo carismatico e soprattutto troppo veloce per qualsiasi altro pilota. A fine stagione, come nei suoi piani, ottenne una incredibile doppietta diventando il primo (e l'unico...) pilota nella storia del motociclismo a vincere nello stesso anno la classe 250 e la classe 500, mai più nessuno in epoca moderna infatti riuscì in questa impresa. In totale nel 1985 fece suoi 141 punti iridati nella mezzo litro e 127 nella quarto di litro. Nel 1986 decise di concentrarsi sulla sola 500cc ancora in sella all’amata Honda, lasciando perdere la 250. Tutti si aspettavano un altro anno di dominio: ad appena 24 anni, con già tre titoli conquistati, la sua carriera non poteva che apparire ancora lunga e radiosa. Nessuno poteva infatti immaginare che qualcosa di oscuro ed imprevedibile stava per accadere dentro di lui. Al primo appuntamento della stagione, il GP di Spagna, si presentò da dominatore e conquistò subito la pole position. In gara però cadde a poche tornate dal termine, mentre era al comando con largo margine, a causa di una forte tendinite che gli fece perdere sensibilità alle braccia. Questo fu solo il primo di una serie di infortuni (al ginocchio, agli occhi, alla testa) che non gli permisero di ottenere un solo punto iridato in quella stagione. Spencer, incredibilmente si rifiutò di farsi curare dai medici del motociclismo, scatenando con questo suo comportamento una serie di dubbi sulla effettiva veridicità dei suoi problemi fisici. Forse però i problemi non erano solamente di natura fisica, ma andavano ricercati nell’anima stessa del pilota. Il 1987 doveva essere l’anno del suo ritorno in grande stile: conosceva la Honda come pochi altri e, problemi fisici a parte, tutti erano ben consci delle sue immense capacità alla guida della motocicletta. La stagione, a dispetto delle grandi aspettative si dimostrò un vero calvario. Si presentò al via in sole 5 gare e solo nel GP di Svezia ottenne 4 miseri punti iridati. Come se non bastasse ebbe anche dei guai personali, in quanto la concessionaria Honda che aveva aperto nel suo paese natio, fallì miseramente. Freddie Spencer era oramai l’ombra di se stesso, diventato improvvisamente incapace di quella guida pulita e redditizia da sempre caratterizzato lo aveva caratterizzato e che gli era valsa tutti i suoi successi. A fine anno annunciò inevitabilmente il suo ritiro dalle gare, lasciando a bocca aperta migliaia di appassionati, che avevano previsto ancora tanti anni di dominio per il campione della Luisiana. Dopo un 1988 sabbatico però il richiamo delle corse si fece sentire e Fast Freddie nel 1989 tornò al Motomondiale con l'aiuto di Giacomo Agostini che gli mise a disposizione una Yamaha. Anche questa volta Freddie Spencer però non riuscì ad ingranare e a tornare ai vecchi fasti: un quinto posto in Spagna, il 30 aprile fu il suo miglior risultato, ottenuto su ben 11 gare a cui prese parte, da cui un anonimo ventesimo posto nella classifica finale. Stette quindi altri tre anni “a riposo”, poi nel 1993 tentò di nuovo di riprendere l’attività agonistica. Riuscì di nuovo a prendere parte alla stagione iridata nella classe regina, sempre in sella ad una Yamaha, gestita questa volta dal suo ex rivale Kenny Roberts. Una caduta rimediata alla terza gara, sebbene dalle conseguenze non drammatiche, chiuse per sempre la carriera di Spencer nel Motomondiale. Rientrò negli Stati Uniti, dove corse ancora un po’, in Superbike, prima con la Honda ed in seguito come pilota ufficiale della Ducati USA (con la quale colse l'ultima vittoria). In seguito a questa esperienza appese definitivamente il casco al chiodo. Cosa gli sia realmente accaduto, non è mai stato chiarito. Di certo va detto Freddie non è mai stato un grande comunicatore, ma una persona dal carattere schivo, poco propenso alle luci dei riflettori. E’ stato senza alcun dubbio un grande professionista, uno che della concentrazione pre-gara e della preparazione atletica aveva fatto un vero e proprio stile di vita. Per molti lo stress nervoso accumulato nell’anno della conquista dei due titoli, sarebbe stato la causa di un suo collasso. Altri invece hanno sostenuto che forse, la consapevolezza di essere una spanna al di sopra di tutti , gli tolse le motivazioni fortissime che lo spingevano ad essere il più veloce sin dagli inizi della sua carriera. Tra le tante voci è girata con insistenza anche la tesi di una crisi sentimentale che ha seriamente segnato questo pilota dalla psicologia alquanto complessa. Si è persino detto che non sapesse resistere al dolore e addirittura qualcuno ha sostenuto che si trattasse unicamente di una strategia della Honda la quale fu spinta ad ostacolare il pilota statunitense per dimostrare di essere vincente anche in altre mani. Nessuno ha mai fatto chiarezza su cosa sia accaduto realmente, Spencer si è sempre rifiutato di analizzare quello che gli è successo e questo ha contribuito a creare un alone di mistero dietro questa vicenda davvero insolita. Freddie Spencer resta un enigma anche per chi lo ha conosciuto bene, i suoi mesti ritiri, i suoi opachi ritorni alle corse, non sono riusciti ad offuscare la sua stella che nell’immaginario collettivo ha continuato a brillare per molto tempo nella memoria di chi ha visto correre e vincere “Fast” Freddie. La sua drammatica uscita di scena ha fatto sorgere tra gli esperti alcune domande circa la sua grandezza sportiva: per alcuni fu il più grande, mentre per altri solo il più misterioso. Recentemente Spencer, ha aperto una scuola di motociclismo negli Stati Uniti d'America. In un articolo pubblicato su Motosprint (credo scritto da Ezio Pirazzini) venne descritto l'incredibile talento del pilota americano, citando un episodio in cui Freddie, rientrato ai box per una regolazione durante un turno di prove "...non apriva neppure la visiera del casco tenuta ferma dal nastro adesivo nonostante il caldo afoso facesse sudare chiunque, tanto freddo e concentrato da far credere che sotto quella tuta ci potesse essere un robot giapponese al posto di un pilota in carne ed ossa..."

2 commenti:

Superpantah ha detto...

Bellissimo racconto!
Ciao

Enrico Zani ha detto...

Grazie Sauro..