venerdì 13 febbraio 2009

Moto Morini






































Nelle foto, partendo dal basso:
1) I collaudatori della Moto Morini.
2) Il Corsarino da competizione 60cc denominata Twister.
3) La famosissima 3 1/2 del 1972
4) La 500 del 1984, con tanto di carenatura integrale.
5) Una rarissima Moto Morini Dart del 1988.
6) La Moto Morini 9 1/2 prodotta a partire dal 2005.
7) Il poderoso propulsore bicilindrico a V di 87° di 1187 cc a 4 valvole per cilindro con distribuzione mista catena/ingranaggi da 140 CV. Questo motore, denominato Bialbero Corsacorta per le sue peculiari caratteristiche di alesaggio e corsa, è disegnato ancora una volta da Franco Lambertini.
8) La bellissima Corsaro 1200cc.
9) Una variante più sportiva della Corsaro: la Corsaro Veloce.
10) La Corsaro Avio, con il propulsore 1200cc "addolcito a soli 120 cv".
11) La 1200 Sport.
N.B.
Per quanto riguarda le foto della 250 cc Bialbero schierata nel mondiale velocità e condotta in gara dal grandissimo Tarquinio Provini, allego il link del post in cui ho parlato di Provini stesso:
Moto Morini è il nome di una azienda italiana che costruisce motociclette con sede nella città di Casalecchio di Reno (BO). Il 22 dicembre 1898 nacque a Bologna Alfonso Morini. Sin da giovanissimo iniziò a riparare i motori. A 16 anni aveva già aperto la sua prima officina, ma lo scoppio della Prima Guerra Mondiale ne fermò l’attività. Alfonso sfruttò l’occasione per accrescere le sue conoscenze sui motori: da soldato (volontario) prestò la propria opera presso l’VII Reparto Motocicli di Padova. Finita la Grande Guerra non poteva più accontentarsi delle riparazioni. L’occasione arrivò nel 1925, quando Mario Mazzetti lo incaricò di costruire una 125 cc monocilindrica a due tempi. Nacque così la M. M. (Mazzetti – Morini) e nacque con lei l’Alfonso Morini progettista, costruttore e pilota. Ovunque, in sella ai suoi bolidi, riscosse successi. Il suo massimo trionfo fu nel 1927: a Monza si correva il Gran Premio delle Nazioni e Morini, sulla M.M. 125 cc conquistò la bellezza di sei record mondiali, che resistettero per oltre vent’anni. Sei anni più tardi, in sella ad una 175cc, raggiunse i 162 Km/h. Questo fu il nuovo e favoloso record per la cilindrata. Negli anni ’30 la M.M. fu l’unica moto italiana in grado di reggere il confronto con le Marche straniere. Nel 1937 Alfonso Morini, dopo 13 anni di successi sportivi con la M.M., decise di lasciare Mazzetti per aprire un nuovo capitolo della propria vita: chiese ed ottiene di essere liquidato con la somma di lire 25.000, una scatola di compassi ed una moto usata. Venne fondata la Moto Morini che all'inizio della sua attività si dedicò alla costruzione di motocarri, mezzi allora fortemente richiesti. Nel 1939 la Morini si affermò nel settore con l'M610, robusto motocarro con trasmissione a cardano, lubrificazione a carter secco e cambio separato. Ancora una volta fu la guerra a fermare Alfonso Morini, che si trovò costretto a convertire la fabbrica di via Malvasia da fabbrica di moto a fabbrica per la produzione bellica. Questo tipo di attività proseguì sino al 1943, quando un bombardamento rase al suolo l'edificio. Appena finita la guerra Alfonso Morini ricominciò subito a lavorare alle moto, che a sempre amava. Riprese l'attività nel 1946 a Bologna in via Berti, e presentò la T125, monocilindrica di 125 cc 2 tempi (ispirata alla tedesca DKW RT 125), come la prima moto che costruì come M.M. Fu un successo immediato. Nel 1947 nacque la T125 Sport, più potente della “sorella” turistica. Da ex pilota e valido progettista qual'era, essendo le competizioni l'unico mezzo allora esistente di pubblicizzare un marchio, Alfonso Morini non perse tempo e cominciò schierare le proprie moto nelle corse. Già l'anno successivo, il 1948, Raffaele Alberti si laureò Campione Italiano Motoleggere pilotando una Moto Morini 125 Competizione. Nel 1949 il successo venne ripetuto con Umberto Masetti. Questa moto, monocilindrica a 4 tempi già allora capace di girare a 10.000 giri/min, nel 1952 regalò i primi successi del Campionato Mondiale nel Gran Premio delle Nazioni e nel Gran Premio di Spagna, grazie a Emilio Mendogni. Questi validi motori a 4 tempi arrivarono anche sulle moto di produzione, la cui prima espressione fu la 175. Era il 1955 quando le incrementate necessità produttive derivanti dai successi commerciali costrinsero la Moto Morini a spostarsi in un nuovo sito produttivo, sempre a Bologna, in via Bergami. Dalla "175" derivò la "Settebello Aste Corte", alla cui guida il debuttante Giacomo Agostini (destinato a divenire il più grande campione di motociclismo di tutti i tempi). Agostini esordì in gara alla classica in salita Trento–Bondone, ottenendo il secondo posto. Conquistò il "campionato cadetti" nel 1962 e, nell'anno successivo, i campionati italiani di "velocità Juniores" e "della Montagna". Contemporaneamente Alfonso Morini, Dante Lambertini e Nerio Biavati svilupparono la “moto monocilindrica più veloce del mondo”, la 250 Bialbero, che nel 1958 vinse il Nazioni con Mendogni ed fu seconda con Zubani. Nel 1960 alla guida della 250 Bialbero arrivò Tarquinio Provini (sul quale ho pubblicato un post in precedenza), che nei due anni successivi si laureò Campione Italiano. Tarquini e la Morini stessa si resero in breve conto che la 250 Bialbero aveva tutte le potenzialità per calcare palcoscenici molto più importanti di quello nazionale. Nel 1963 la Morini si cimentò nella classe 250 del campionato mondiale, contro le allora imbattibili Honda. Provini vinse 4 gare, tra cui Monza. La sua 250 sfiorava i 37 cavalli e poteva raggiungere la velocità di 225 Km/h. Il sogno di vincere il Campionato Mondiale sfumò però per soli due punti, a causa del ristretto budget aziendale che non consentì la partecipazione ad alcune gare e ad un banale malanno che condizionò il rendimento di Tarquinio Provini proprio all'ultima, decisiva gara. Per quanto riguarda la produzione di serie, negli anni sessanta conobbero grande diffusione la Sbarazzino 100 e la Corsaro 125 moto concepite per l'utilizzo stradale ed utilitario. Ma l'anima sportiva Moto Morini emerse nuovamente quando da quest'ultima venne derivata la Corsaro Veloce, che venne poi declinata in innumerevoli varianti sportive: la Competizione, la Sport, la Lusso, la Super Sport, la Country, la Regolarità. Quest'ultima venne introdotta in seguito al crescente successo che stava riscuotendo in ambito internazionale la disciplina della regolarità. Questo tipo di competizioni impegnavano i piloti in una serie di prove da affrontare in più giorni. La Morini schierò le sue moto partecipando in maniera ufficiale alle corse e ottenendo importanti successi: la vittoria della Sei Giorni Internazionale del 1966 in Svezia e dei Campionati Italiani Regolarità del 1967 e 1968. Anche il motore venne rivitalizzato incrementandone la cilindrata a 150 cc (con conseguente crescita delle prestazioni), affiancato intelligentemente da un modello d'ingresso di cilindrata inferiore, il Corsarino 48. Proprio il Corsarino, prodotto e venduto in diversi modelli (Z, ZZ, ZT, Scrambler e Super Scrambler) ininterrottamente dal 1963 al 1977, fu uno dei modelli più popolari della Casa bolognese. Pur essendo un ciclomotore secondo la normativa italiana, era in realtà costruito come una moto vera e propria con telaio a doppia culla e motore a 4 tempi, divenendo ben presto uno dei mezzi più ambiti dai giovani dell'epoca. Di questa moto venne anche prodotta una versione con motore maggiorato a 60cc (denominata "Pirate" o "Twister"), per l'esportazione negli USA. Il 30 giugno del 1969 Alfonso Morini morì, all’età di 71 anni. Le redini dell’azienda vennero prese, con coraggio e dedizione, dalla figlia Gabriella. Nel 1970 arrivò il progettista che diventò l'innovatore e l'anima stessa della Moto Morini negli anni a venire, l'Ing. Franco Lambertini, proveniente dalla Ferrari, seppe, grazie al suo genio, mantenere all’avanguardia la Morini rispetto alla concorrenza. Vide così la luce il nuovo e rivoluzionario propulsore pronto ad equipaggiare una lunghissima e svariata serie di motociclette che si fecero apprezzare in tutto il mondo per i successivi venti anni. L'architettura scelta era quella del bicilindrico a "V" longitudinale con un angolo tra i due cilindri di 72°. Questa architettura rappresentava un ottimo compromesso tra la soluzione più equilibrata a V di 90° e quella a V “stretto”. La distribuzione ad aste e bilancieri ottimamente si sposava con le valvole parallele, e nei primi anni settanta, assai prima dell'affermazione definitiva delle distribuzioni a 4 valvole per cilindro, era una soluzione che permetteva ancora di ricavare potenze specifiche sufficienti per i motori di serie. Il propulsore voluto da Lambertini era detto: “testa piatta”. Aveva la camera di combustione ricavata nel cielo del pistone e i condotti di aspirazione e di scarico arcuati in maniera tale da migliorare la combustione. A conferma di ciò basti ricordare che con poco più di 100 CV/litro la 350 Morini si rivelò la moto più veloce della sua categoria, rimanendo tale per svariati anni. Questo bicilindrico vantava soluzioni, al tempo stesso all'avanguardia ed inusuali, per l'epoca, come la cinghia per il comando della distribuzione (primo motore motociclistico al mondo ad impiegare questa soluzione) e la frizione multidisco a secco, prerogativa allora delle moto da competizione. Venne presentato al Salone di Milano del 1971 creando grande clamore. L'anno successivo intorno a questo motore nacque la moto di maggior successo della storia della Moto Morini: la 3 1/2. La 3 1/2 è un vero e proprio capolavoro tecnico ed estetico A seguito del grandissimo successo riscontrato, la motociletta venne affiancata nel 1974 dalla 3 1/2 Sport dalle caratteristiche più corsaiole: sella più corta, manubri più bassi, potenza massima aumentata fino a 39 cv a 8.500 giri/min. La moto era in grado così di raggiungere la velocità di 171 Km/h. Ma una delle maggiori innovazioni di Lambertini fu il fatto di concepire il motore 350 cc come modulare: da quel propulsore, con investimenti minimi derivarono numerosi altri progetti tra cui la 125H e la 250 con motore monocilindrico e le 250 2C, 500 GT, 500 Sport e Sei-V bicilindriche. In particolare la 500 si fece notare per avere il cambio a cinque marce, posizionato nella parte destra, quando lo “standard” era oramai di averlo in quella sinistra. Negli anni ottanta i vari modelli hanno subito numerosi aggiornamenti, soprattutto stilistici, (cercando di emulare le nuove tendenze lanciate dalle Case del Sol Levante), ma via via andò perdendo l'apprezzata sobrietà della linea classica all'italiana, ma riscuotendo in ogni caso un buon successo tra gli utenti più attenti ai contenuti che ai condizionamenti dalle mode. Ad affiancare la linea delle stradali, nel frattempo ampliata con due monocilindriche da 125 e 250 cc e due bicilindriche da 250 e 500 cc, si decise di approntare una 500 da enduro, la Camel. Questa moto, capostipite di una lunga e fortunata serie (anche nella cilindrata di 350 cc, chiamata Kanguro), dimostrò ottime doti e permise agli appassionati del Marchio di emozionarsi nuovamente al suo apparire nelle nuove e seguitissime competizioni nel deserto come la Parigi-Dakar o la Sei Giorni 1981 all'Isola d'Elba, dove riscosse un bel successo davanti alle concorrenti Honda. Nella seconda metà degli anni ottanta, sempre grazie alla versatilità del suo propulsore, la Morini non ebbe problemi a seguire le nuove tendenze del mercato che vedevano un calo nel settore enduro a favore dei modelli di stile U.S.A. conosciuti come Custom. Nacque così una nuova coppia di modelli: le Excalibur nelle versioni 350 e 500 cc che divennero così le moto di punta della produzione Moto Morini. La Excalibur attirò su di sé addirittura le attenzioni della Harley Davidson, infatti nel 1986 vi fu un contatto tra la Casa di Milwaukee e quella di Bologna. Il progetto degli americani era quello di sfruttare il propulsore ideato da Lambertini per un nuovo modello della “Duo Glide”. I problemi economici che però stavano interessando la storica Casa statunitense, fecero si che il progetto si concluse con un nulla di fatto. Nel 1989 vennero poi presentate le New York, sempre declinate nelle stesse due cilindrate, dalla linea meno estrema ma anche più piacevole. Sempre in questi anni da un restyling delle precedenti Camel e Kanguro XE nacque l'ultima enduro della Casa bolognese, la Coguaro, che non ebbe però una grande diffusione. Queste moto montavano l'ultima evoluzione del bicilindrico bolognese, con cilindri a canna integrale trattata al nichel carburo di silicio ed un efficace motorino d'avviamento posto davanti al basamento, poiché la soluzione adottata nelle precedenti versioni era critica e poco efficace. Questa versione del propulsore equipaggiò nel 1988 anche l'ultima 350 stradale, la Dart (costruita per i mercati esteri anche nella versione da 400 cc) dalla linea piacevole ma impersonale, visto che la nuova proprietà Cagiva si limitò a montare nella ciclistica della sua Freccia 125 il bicilindrico Moto Morini. Fu appunto in questi anni, esattamente il 18 febbraio 1987, che si realizzò la cessione della Moto Morini ai fratelli Castiglioni, titolari del gruppo Cagiva, e già proprietari del marchio Ducati. Quel periodo infatti fu caratterizzato da numerose agitazioni sindacali e da un repentino calo delle vendite. La scelta di Gabriella Morini di vendere l’azienda di famiglia ai fratelli Castiglioni fu dettata dalla speranza di vedere così rilanciata la Casa motociclistica. I Castiglioni in un primo momento dichiararono di voler “rilanciare un marchio prestigioso” come la Morini. Nei fatti però il Gruppo non dimostrò mai un serio interesse nel valorizzare il glorioso Marchio bolognese. Il responsabile tecnico Franco Lambertini nella seconda metà degli anni ottanta aveva progettato un nuovo motore, ancora una volta dall'architettura modulare, con cilindrate previste di 350, 500 e 750 cc, a due cilindri a V di 67° longitudinale, distribuzione monoalbero a catena con 4 valvole per cilindro e raffreddamento a liquido (l'albero motore aveva i perni di biella disposti in modo da farli lavorare come un V di 90° a perno unico per ridurre al massimo le vibrazioni). Il prototipo di 720 cc erogava 86 CV a 7200 giri. La direzione Cagiva si dimostrò disinteressata a questo nuovo propulsore, affossando definitivamente ogni speranza di rilancio del marchio. Franco Lambertini decise così nel 1989 di lasciare la Moto Morini in favore della Gilera del gruppo Piaggio. La fabbrica di via Bergamini venne trasformata, nel 1990, in reparto engineering. Non ebbe però “vita lunga” e dopo poco venne chiusa a causa dei costi che comportava. La produzione cessò nel 1993. Le ultimissime Morini Excalibur vennero assemblate alla Agostini. Il marchio, abbandonato nelle cantine della Ducati che nel frattempo (1996) era stata ceduta dai Castiglioni al gruppo americano TPG (Texas Pacific Group) , venne rispolverato e ceduto nell'aprile 1999 alla Morini Franco Motori, dove nel frattempo è approdato anche l'artefice dei più recenti successi Morini, Franco Lambertini. Curioso il fatto che la Morini Franco Motori S.p.A., specializzata nella produzione di motori per moto a 2 e 4 tempi, sia stata fondata nel 1954 dal nipote di Alfonso Morini. La Moto Morini tornò quindi in famiglia. Non paga dei sucessi ottenuti ai tempi d’oro la Casa bolognese si confermò ancora l’avversario più temibile nelle gare per moto storiche. La riedizione del motogiro, svoltasi nel 2001 dopo oltre quarant’anni, vide di nuovo una Morini trionfare. Il momento che però maggiormente ha segnato la svolta e quindi la rinascita di questa gloriosa Casa è avvenuto nel 2003 in occasione del Motor Show di Bologna. In una affollata conferenza stampa venne presentata la Moto Morini Spa. Il capitale dell’azienda era al 50% in mano alla famiglia Morini e per il 50% alla famiglia Berti (importante famiglia di industriali bolognesi, già in possesso del marchio Sinudyne, specializzato in elettronica al consumo). L’azienda ha la propria struttura a Casalecchio di Reno (Bologna), ed è adiacente alla Morini Franco Motori Spa. Inizia così l’avventura che nel luglio 2005 ha portato alla realizzazione di due nuove moto naked: la Corsaro 1200 e la più “vintage” 9 1/2. La Corsaro 1200, naked di nuova generazione, oltre che di una splendida ciclistica e caratteristiche estetiche notevoli (la linea è di Luciano Marabese della Marabese Design) è dotata di un moderno bicilindrico a V di 87° di 1187 cc a 4 valvole per cilindro con distribuzione mista catena/ingranaggi da ca. 140 CV. Questo motore, denominato Bialbero Corsacorta per le sue peculiari caratteristiche di alesaggio e corsa, è disegnato ancora una volta da Franco Lambertini, ritornato al suo vecchio amore (la Moto Morini) per rinverdirne i fasti. La 9 1/2 presenta lo stesso motore modificato nell'erogazione per dare ancora maggior coppia motrice in basso e potenza massima inferiore. Novità Morini al Salone di Milano 2007 sono l'enduro Granpasso, spinta dal bicilindrico 1200 della Corsaro, e la Corsaro Avio, versione più tranquilla (120 CV) della Corsaro. Sempre nel 2007 viene scritto un ulteriore, importantissimo, capitolo nella storia della Moto Morini: la famiglia Morini infatti rileva le quote in mano alla famiglia Berti e acquisisce il controllo dell’intero capitale sociale. Contestualmente la Morino Franco Motori Spa, varia la propria ragione sociale, in Moto Morini Spa, costituendo una unica realtà industriale, proprietaria del Marchio, dello stabilimento e completamente in mano alla famiglia Morini.

4 commenti:

FolleRumba ha detto...

ciao,
mi ricordo di una coppia di italiani a Barcellona 86' in sella a una 3 1/2 stracarica di bagagli con i raggi rotti..

che moto e che tempi..

un saluto
ciao

Enrico Zani ha detto...

Ciao! Che piacere!! Immagino quanto deve essere stato epico quel viaggio, ti invidio, io non ho ancora avuto la fortuna di buttarmi in una avventura del genere!
Grazie per seguire Cesena Bikers!

Superpantah ha detto...

La 500 a carenatura integrale non l'avevo mai vista.
Bellissimo servizio, speriamo che questa bellissima storia continui ancora piu bella e gloriosa. Mi piacerebbe rivedere una morini sportiva stradale polivalente come quella 500carenata...
Ciao

Enrico Zani ha detto...

Ciao Sauro.. Grazie per essere intervenuto su Cesena Bikers.. La storia della Morini, così come quella della Benelli, Moto Guzzi, MV Agusta, Laverda, ecc. ecc. ecc. E' la storia tipicamente italiana fatta di Marchi gloriosi che il mondo intero ci invidia, ma che da noi, inspiegabilmente sono stati lasciati andare "a male".. Sono convinto che se ad esempio in Francia avessero avuto anche solo una delle ns. Case la avrebbero valorizzata investendo e facendola correre.. Vabbè si potrebbe parlare all'infinito in merito.. Per ora ci possiamo consolare con Ducati, Aprilia e la ritrovata Gilera, che competono in campo internazionale con i colossi nipponici, procurando loro dei seri grattacapi!