mercoledì 28 gennaio 2009

MOTO GUZZI V11



















Nelle foto, partendo dal basso:
1) La V11 Sport del 1999, nel colore "Verde Legnano", con telaio rosso.
2) La V11 Sport del 1999, in grigio.
3) La V11 "Rosso Mandello".
4) La V11 "Scura".
5-6) Due varianti cromatiche della V11 Sport Naked del 2002 (seconda serie).
7-8) Due varianti cromatiche della V11 Le Mans.
9) La V11 "Coppa Italia"
La tradizione sportiva ha sempre avuto un posto importante nella produzione di Mandello. Molte delle Guzzi di maggior successo sono infatti modelli nati per un utilizzo sportivo e in grado di dare all’appassionato quelle particolari sensazioni che rendono inconfondibile il grosso bicilindrico a V di 90° quando sfruttato al meglio. Ma dopo le eccellenti V7 Sport e Le Mans 850, la Guzzi aveva in parte tradito l’immagine della moto sportiva all’italiana, cioè maneggevole, leggera ed essenziale, sfornando le ormai quasi dimenticate 1100 Sport e V10 Centauro Sport. Queste moto, nate più o meno alla metà degli anni Novanta, certamente in un periodo non esuberante come spirito creativo per la Casa (senza voler suscitare le ire dei guzzisti più fedeli), non si potevano, né si possono oggi, definire delle moto di successo proprio per le loro non eccelse qualità. Con la V11 Sport si cerca perciò di cambiare strada, tornando ad offrire una moto che, per piacere di guida e fascino, possa risvegliare gli appetiti di vecchi e nuovi motociclisti dall’indole sportiva. Presentata ad alcune mostre in anteprima già durante il 1997 ancora col motore della 1100 Sport ad iniezione, la V11 Sport si rende disponibile da concessionari nell’ottobre del 1999. A sottolineare il forte legame che la V11 Sport vuole intrattenere con il passato, nelle foto pubblicitarie viene affiancata alla gloriosa V7 Sport 750cc “telaio rosso”, riproponendone, in uno dei tre allestimenti, l’originale colorazione verde chiaro metallizzata, denominata “verde Legnano”, per la carrozzeria abbinata al rosso per il telaio. Le altre due varianti della moto sono l’argento metallizzato e il nero opaco, entrambi accostati al telaio rosso. Estremamente essenziale (un piccolo capolino fissato al fanale viene fornito come optional), e con caratteri che la collocano sia nella categoria delle naked che in quella delle Cafè racer, la moto ripropone tutta la svelta pulizia di linee tipica delle muscolose sportive all’italiana, ma non manca di elementi moderni come i silenziatori cilindrici montati con inclinazione dal basso all’alto. Abbandonato oramai da anni il solido telaio scomponibile a doppia culla tanto apprezzato sulle Sport e Le Mans, la V11 ripropone lo schema inaugurato con la Daytona (intuizione geniale del Dr. John Wittner di cui ho già parlato in precedenza), proseguito con la 1100 Sport e perfezionato con la Centauro. Si tratta di un monotrave superiore in acciaio con un telaietto anteriore avvitato, mentre posteriormente due piastre sagomate completano gli attacchi. Il motore funge così da collegamento, conferendo alla struttura una rigidità notevole pur senza essere elemento fortemente stressato. Maestra nei telai da sempre realizzati in casa, la Guzzi si rivolge invece ai migliori costruttori esterni per quanto riguarda le sospensioni. La forcella è infatti una Marzocchi a steli rovesciati di 40mm, regolabile nell’idraulica in compressione ed estensione, mentre dietro troviamo un mono a molla bianca della Sachs con le stesse possibilità di regolazione, e che lavora senza interposizione di beveraggi. L’ottima livello ciclistico è sottolineato dai cerchi in lega a 3 razze cave e dal poderoso impianto frenante. Entrambi questi elementi sono della Grembo, con cerchi da 17” e l’impianto frenante che prevede due dischi in acciaio da 320 mm con pinze a 4 pistoncini “Serie Oro” e tubazioni in treccia metallica, mentre dietro il disco è da 282 mm con pinza a 2 pistoncini. Il bicilindrico è, come al solito sulle Guzzi, il protagonista della scena. Nonostante la cilindrata di 1.064cc che prevede una corsa di ben 80 mm, la sporgenza laterale non è esagerata e i cilindri riempiono piacevolmente la vista della moto. Sotto di essi i guzzisti più fedeli riconosceranno il tipico basamento con rinforzi orizzontali e verticali comparso ancora con la V7 Sport del 1971. Non c’è che dire, una bella dimostrazione di fedeltà al progetto originale! Spariti da tempo i carburatori Dell’Orto, l’alimentazione è affidata agli iniettori elettronici, che rendono più fluido il funzionamento del propulsore. La scatola del cambio è invece più corta e compatta rispetto ai precedenti tipi. Primato della V11 consiste nell’avere il camio a 6 marce anziché a 5 come tutti i modelli precedenti. La frizione è a comando idraulico, anch’essa della Brembo. Il cardano ha la scatola della coppia conica di nuovo disegno ed è dotato del nuovo braccio e della relativa asta di reazione più lunghi per ridurre gli effetti negativi di sollevamento del retro negli apri-chiudi in rapida sequenza. Per quanto concerne il design della moto, il primo elemento di cui occorre parlare è il serbatoio, sviluppato in lunghezza e con profonde invasature per le ginocchia, mentre superiormente porta un cuscinetto nero che ricorda quelli montati sulle GP degli anni 60-70, e che consentivano al pilota di appoggiarVi il mento, mentre era alla ricerca della postura più aerodinamica possibile (il cuscino è stato montato solo sulla prima serie). Nella V11 ovviamente la sua funzione è solamente decorativa e sottolinea la presenza arretrata del tappo in stile aeronautico. Il tondo codone posteriore continua indietro le generose dimensioni del serbatoio. La cupoletta posteriore, che porta anteriormente un appoggio per il fondoschiena del pilota è facilmente asportabile, essendo fissata con due viti “a frugola”, dando modo di scoprire la porzione di sella per il passeggero. Le attenzioni riservate a quest’ultimo però non sono molte: le sue pedane sono alte ed ha il peso spostato in avanti così da gravare sulla schiena del pilota. Manca un appiglio, eccezion fatta per una minuscola e praticamente inutile cinghiettina. Peccato inoltre che, come sempre sulle grosse Guzzi, lo spazio per le gambe di chi guida non sia molto, così che facilmente le ginocchia urtano le grosse testate. Impugnando il manubrio si ha la piacevole sorpresa do non trovarlo né troppo basso, né troppo chiuso. E’ anzi regolabile a piacimento sia in senso longitudinale, che in quello radiale, proprio come quello “inventato” da Lino Tonti ai tempi per la V7 Sport. Anche le leve di frizione e freno sono regolabili (4 posizioni), mentre la strumentazione, già vista su altri modelli, è semplice, priva di elementi digitali o di “gadget” come l’orologio o l’indicatore del carburante (ridotto al semplice led che segnala l’entrata in riserva). Nel complesso al V11 dà l’impressione di una moto muscolosa e personale. Naturalmente questo “gran bel pezzo di ferro” non è leggero (circa 250 kg con il pieno di benzina) però, salvo una iniziale sensazione di pesantezza dello sterzo che scompare appena le ruote girano un po’ più che a passo d’uomo, la V11 è leggera da guidare e il suo terreno preferito è il misto veloce. Il motore spinge bene dai 2.000 giri, con bella progressione fino ai 5.500 proseguendo energico fino agli 8.000 indicati dallo strumento. Così “con tanto motore a disposizione” (81,86 CV a 7.750 giri, rilevati alla ruota) e un cambio così a punto, la guida nel misto è decisamente divertente. La frizione, bidisco a secco, è morbidissima, grazie al comando idraulico, mentre il cambio a 6 rapporti non ha nulla a che vedere con quelli del passato: morbido silenzioso e preciso, invita a gustare fino in fondo il generoso bicilindrico a 2 valvole concentrandosi solo sulla guida. In sella alla V11 ci si sente subito a proprio agio: è comoda e la posizione è ideale per una guida sportiva non esasperata. Se un difetto si trova, questo è a livello della stabilità alle alte velocità, e ciò nonostante l’ammortizzatore di sterzo. Sino ai 150-160 Km/h va tutto bene, ma oltre basta un lieve disturbo, come il fondo irregolare o una manovra brusca, che la moto prende ad ondeggiare per un breve tratto fino a ricomporsi da sola. Lo stesso problema compare affrontando anche le curve a largo raggio a velocità elevata. Unitamente a ciò le vibrazioni, che compaiono a pedane e manubrio intorno ai 4.000/4.500 giri, sono fastidiose. Soprattutto nella livrea “verde Legnano”, la V11 Sport, ammalia un discreto numero di appassionati. Le vendite però restano inferiori alle aspettative, anche perché la Casa sta attraversando l’ennesimo periodo travagliato della sua esistenza, e l’instabilità non incoraggia certo gli acquisti. La V11 si vende insomma, ma non abbastanza. Questa la situazione al momento in cui la Guzzi viene acquistata da Ivano Beggio, già patron dell’Aprilia. Il primo frutto della collaborazione Aprilia-Guzzi è la V11 Sport Rosso mandello. Accompagnata da un certificato d’origine firmato da Beggio e costruita in 300 unità, la Rosso Mandello non si discosta nella linea dalla precedente V11, ma ne costituisce il top di gamma. E’ in rosso vivo, colore ripreso anche sui coperchi delle punterie, con diversi particolari in carbonio (parafango anteriore, rivestimento dei silenziatori e l’inedito capolino di serie). Di nuovo c’è anche la frizione che passa dal bidisco al monodico, sempre a secco e con materiale d’attrito sinterizzato. Dal punto di vista funzionale restano immutati i pregi e i difetti della prima serie, tra cui la fastidiosa instabilità dell’avantreno alle alte velocità. Questo problema viene risolto sulla V11 Scura. Grazie all’aumento dell’interasse da 1.471 a 1.490 mm, si è provveduto ad irrigidire il canotto di sterzo mentre al motore è stato introdotto un nuovo supporto che collega la parte posteriore della coppa dell’olio al telaio, rendendolo così più rigido. L’importante modifica viene estesa al resto della gamma, ma la Scura è impreziosita dalle sospensioni Ohlins pluriregolabili (ammortizzatore di sterzo compreso), con la forcella di maggiore diametro: 43mm anziché 40mm. Sono inoltre mantenuti i particolari in carbonio già visti sulla Rosso Mandello, con in più anche la protezione del motorino d’avviamento nello stesso materiale, mentre il motore ha un volano più leggero per ridurre la coppia di rovesciamento e consentire maggiore rapidità nel salire di giri. Le modifiche ciclistiche sono benefiche e la Scura trasmette più sicurezza e più fiducia in curva dove scende in piega più progressivamente di quanto non facessero le versioni precedenti. Nel giugno 2002 arriva la Le Mans (che non godrà di una ottima accoglienza), dotata di una semicarena e di nuovi collettori di scarico con compensatore anteriore. L’aggiunta comporta un miglioramento dell’erogazione ai medi regimi, permettendo a parità di regime di avere qualche Cv in più. Da questa prima Le Mans vengono derivate alcune versioni speciali che differiscono nei colori come la Tenni che si rifà nella livrea alla eccezionale Otto cilindri 500cc da GP. Seguono la Le Mans Rosso Corsa (anno 2003) e la Nero Corsa (anno 2004). La grossa carenatura snatura a detta di alcuni l’essenziale bellezza della V11 Sport che resta sempre preferita al pubblico rispetto alla Le Mans. Ecco allora la presentazione di nuovi modelli con particolari allestimenti. Del 2003 sono la V11 Cafè Sport e la Sport Ballabio. La prima, disponibile da gennaio di quell’anno, è in pratica una riedizione della Scura. La fibra di carbonio è usata a profusione, ma anche la finitura è ricercata. La forcella e il manubrio sono anodizzati in oro, mentre il colore scuro antracite domina la carrozzeria. La novità più di rilievo è comunque il manubrio che non è più il due pezzi regolabile. Il manubrio alto a detta di molti migliora la guidabilità della grossa Guzzi. Questa versione inoltra monta le sospensioni Ohlins pluriregolabili. La moto è inoltre dotata di un capolino che protegge bene il pilota fino ai 130 Km/h. La Ballabio assomiglia alla Cafè Sport: ha lo stesso manubrio, è però colorata in rosso vivo. Nel 2004 chi sceglie una V11 ha a disposizione anche la versione Coppa Italia in grigio-argento e rosso con profili verde, a richiamare l’italico tricolore. L’ultima della serie è la Scura R, tutta in nero brillante a parte il blocco motore (nero raggrinzante), la piastra che sorregge le pedane e la sella (entrambe in rosso) E’ disponibile nel 2005 con il capolino, mntre l’anno dopo viene proposta con la semicarena della Le Mans. Con il 2006 la V11 esce di scena e lascia il testimone alla Griso.
Caratteristiche tecniche (inerenti alla V11 Sport del 1999):
MOTORE:
Tipo: 4 tempi, bicilindrico a V di 90° trasversale
Alesaggio e Corsa: 92x80mm
Cilindrata: 1.064 cc
Compressione: 9,5:1
Distribuzione: Aste e Bilanceri con albero a camme nel basamento; 2 valvole per cilindro
Lubrificazione: A carter umido
Raffreddamento: Ad aria
Alimentazione: Ad iniezione Magneti Marelli con corpi sfarfallati da 45mm
Accensione: Elettronica digitale
Impianto Elettrico: Batteria da 12V/13Ah, alternatore 330W
Frizione: Bidisco a secco con comando idraulico
Cambio: A 6 marce
Trasmissione Primaria: Ad ingranaggi a denti dritti
Trasmissione Finale: Ad albero cardanico con rapporto 32/19
CICLISTICA:
Telaio: Monotrave in acciaio, inclinazione del cannotto di sterzo di 25°, avancorsa 92mm
Sospensioni: Forcella telescopica idraulica Marzocchi con steli rovesciati da 40mm regolabile nell’idraulica in estensione e compressione, escursione 120mm, forcellone oscillante senza beveraggi e monoammortizzatore idraulico regolabile nell’idraulica in estensione e compressione più precarico molla, escursione 128mm.
Ruote: Cerchi Grembo in lega leggera, pneumatico ant. 120/70-17; pneumatico post. 160/60-17
Freni: Ant. A doppio disco flottante in acciaio inox da 320 mm e pinze a 4 pistoncini, post. A disco da 282 mm e pinza a 2 pistoncini
DIMENSIONI E PESO:
Lunghezza: 2.111 mm
Larghezza: 785 mm
Interasse: 1.471 mm
Altezza Sella: 785 mm
Peso a secco: 219 Kg
Capacità Serbatoio: 22 l di cui 4 l di riserva
PRESTAZIONI:
Potenza Max: 91 CV a 7.800 giri
Coppia Max: 9,6 kgm a 6.000 giri
Velocità Max: 220 km/h
VARIAZIONI PER ROSSO MANDELLO:
(da dicembre 2000, serie limitata in 300 esemplari)
Frizione monodico a secco.
VARIAZIONI PER SCURA:
(da febbraio 2002)
Forcella Ohlins rovesciata con steli da 43 mm, ammortizzatore post. Ohlins. Pneumatico post. 180/55-17. Lunghezza 2.150 mm, interasse: 1.490 mm; altezza sella 800 mm, peso a secco 221 Kg.
VARIAZIONI PER LE MANS:
(da giugno 2002)
Avancorsa 103 mm, interasse 1.493 mm, peso a vuoto 226 Kg.
VARIAZIONI PER SECONDA SERIE:
La più grande differenza tra le due serie e' senza dubbio la lunghezza del telaio che nel seconda serie è maggiore, anche se quella che più salta all'occhio alla prima occhiata (oltre naturalmente alle colorazioni) è il motore NON verniciato e la presenza (sulla seconda serie) dei rinforzi che rendono più rigida la struttura motore/telaio. Il prima serie oltretutto monta un cerchio posteriore da 4,5 " anzichè quello da 5,5 del seconda serie e di conseguenza un pneumatico da 160 invece del 180. La seconda serie ha goduto di altri aggiornamenti con l'avvento del modello catalitico: forcelle anteriori da 43mm a differenza delle precedenti da 41 (con differenti regolazioni), perno ruota anteriore maggiorato, incrocio tra i collettori anteriori, sparisce il cuscino posizionato sul serbatoio, la strumentazione ha lo sfondo di colore nero (ITI) anzichè bianco (Veglia), sparisce la spia del generatore che viene sostituita dalla seconda spia per le frecce, sparisce il comando per accendere i fari che rimangono accesi fissi, viene inserita la sonda lamba nell'incrocio dei collettori sotto al motore per far rispettare alla moto le normative euro2, aumenta la compressione che passa da 9,5:1 a 9,8:1.
Info by:
MOTOCICLISMO Gennaio 2009
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